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  :: Il Ratto di Proserpina (di G. Prestipino) 01/10/2004  
 
     
Da un punto nella terra, da un foro, sale un turbine che cresce. Da una fenditura del tempo irrompe la forza originaria del mito, l’attimo rapinoso che fonde in uno l’uomo-dio, i cavalli, la fanciulla. Epifania di un istante, appena concreta e subito pronta a dileguarsi in cielo. Senza sciogliersi in racconto, né diminuire. Pura energia di un vortice d’aria ascensionale che, solidificato, simula corpi. La forma è cava e ancora una volta – cifra di un’originalissima dialettica astratto/concreto – costruita per fasce nascenti l’una dall’altra, capaci di evocare potentemente le figure senza descriverle, la natura senza imitarla. Linee di forza robuste, mai decorative, generatrici – sotto lo sguardo di chi osserva – di spazio e significato. Un “unicum” che agglutina le figure tra loro, il tempo e la materia. Persino l’aria del luogo che si incunea fra i vuoti, con occhi di foglie verdi, di cielo e acqua. La struttura è circolare. Ma per curve eccentriche, ellissi e spirali. La composizione, ascendente. Moto avvitato e tensione verso l’alto non estranei alla lezione del costruttivismo russo. Forme dinamiche e geometrie del curvo che non possono prescindere dai futuristi e da Boccioni. Lui, Plutone, la testa coronata del dio al centro. Motore possente dell’azione, incarna il movimento e lo orienta, attraverso la torsione michelangiolesca del suo corpo. Dal basso, saldamente divaricato, verso sinistra e verso l’alto, reggendosi al cavallo con un braccio, con l’altro sollevando di peso da terra la fanciulla. Volitivo e fulminante il gesto maschile che afferra. Impetuoso il desiderio che sale. Di qua, Proserpina, il desiderio divergente. L’abbandono e il vuoto. Resistenza e gravità di materia verso il basso. E allo stesso tempo curva convessa che si gonfia avanti e si oppone. In controcampo, un infittirsi veloce e minuto delle fasce, allusivo a lunghi capelli di giovinetta, ne umanizza la vicenda. Il richiamo, in diagonale, delle analoghe criniere avvicina di là, col vibrare della luce, il confine estremo dove, alti, si duplicano i cavalli del carro, bloccando come due colonne nell’eternità del mito la dinamica violenta del presente. Se non fosse per l’espressionistica, diversa tensione delle teste che prolunga all’infinito la spirale. Tutto si da nella rapidità fulminea dell’apparizione. Si stringe lo spazio, compenetrati i piani e le figure. E’ un attimo. Puntuale ed infinito, duale e unitario al tempo stesso: il maschile e il femminile, Cerere e Plutone, l’amore e la violenza, il buio e la luce, la vita e la morte, il mito e la natura, il tempo e l’eternità…  
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Gesualdo Prestipino
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